Vincent Willem van Gogh (Zundert, 1853 – Auvers-sur-Oise, 1890) è certamente uno degli artisti più noti al mondo. La sua pittura, così unica ed emotiva, lo rende riconoscibile anche a chi non ha specifiche conoscenze in materia artistica. Con Van Gogh si consuma l’ultimo definitivo strappo con l’arte impressionista, poiché l’artista non si limita più a rappresentare la realtà apparente, ma si sforza di esprimere l’esperienza emozionale e spirituale che prova davanti al mondo. Così egli imprime un’accelerazione straordinaria alle evoluzioni della rappresentazione e dell’arte intesa come strumento esclusivo e privilegiato dell’espressione..
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In soli cinque anni, dal 1885 al 1890, l’artista olandese trasformò le capacità espressive dell’arte moderna, diventando una delle figure più famose e influenti nella storia dell'arte occidentale, con i suoi colori animosi e le pennellate drammatiche, passionali ed espressive. Non avendo avuto successo commerciale nella sua carriera, ha lottato con un’esistenza dolorosa e una grave depressione e povertà, conclusasi con il suicidio all'età di trentasette anni.
La “Notte stellata” realizzato da Van Gogh nel 1889, è un dipinto di cm 73,7 x 92,1 conservato al Museum of Modern Art di New York. Vera e propria icona della pittura occidentale, il dipinto raffigura un paesaggio notturno di Saint-Rémy-de-Provence, poco prima del sorgere del sole. Nella rappresentazione del cielo punteggiato dalle luci concentriche delle stelle e dall’oro metallico della luna che incombono sulla distesa tranquilla del villaggio, l’artista olandese ha raggiunto uno dei punti più alti della sua pittura carica e drammatica. Il dipinto, forte e vibrante, è attentamente costruito e l’apparenza impetuosa è sorprendentemente sorretta da una composizione salda. La linea diagonale delle montagne, sottolineata da una serie di onde gialle, quasi la Via Lattea fosse calata sull’orizzonte, attraversa la tela in lunghezza. L'immagine possiede una forza straordinaria. Le pennellate tonde o a spirale che formano gli astri ritornano negli alberi disseminati tra le case, mentre il lungo tetto del campanile rima con la forma del solitario cipresso, alto e severo che, stagliandosi contro il cielo notturno, agisce come un intermediario vegetale tra la terra e il cielo e la cui sagoma scura e viva allo stesso tempo, chiude la scena in primo piano.
In quest’opera ben si evince come Van Gogh non cerca semplicemente di immedesimarsi nella natura, per poi tradurla sulla tela, ma addirittura la fa propria al punto che non è assorbito dalla natura, anzi, assorbe in sé la natura, al punto da costringerla a divenire più flessibile, a modellarsi alle forma del suo pensiero, a seguirlo nei suoi voli di fantasia, a sottomettersi, persino a subire le sue deformazioni, interiorizzandola fino al tormento, modificandola in una intensa visione onirica in cui fare comparire le sue emozioni, le sue paure, i suoi turbamenti.