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I SANTI DEL GIORNO: 19 giugno San Romualdo, eremita

San Romualdo, eremita (Ravenna, tra il 951 e il 953 – Fabriano, 19 giugno 1027)



San Romualdo


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Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666)


Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino (Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666), è stato un pittore italiano.
Giovanni Francesco nacque a Cento, paese allora appartenente al Ducato di Ferrara, da una nobile famiglia di modesta condizione che abitava a pigione «in una piccola casa fuori di Cento, non lontana che pochi passi dalla Porta detta della Chiusa». Si disse a lungo che fosse nato il 2 febbraio 1590, finché il pittore e letterato Jacopo Alessandro Calvi non scoprì, nella Collegiata di San Biagio, a Cento, l'atto di battesimo redatto l'8 febbraio 1591: «Zan. Franc. Fig. de Andrea Barbiero, et Lena Ghisellina fu battez. a dì detto 8. Comp. M. Alex. Redolfini, et la Com. Alda Dottoni». È allora probabile che la sua data di nascita fosse proprio il 2 febbraio, essendo stato una banale svista l'indicazione dell'anno.
Il soprannome di Guercino dovette essergli aggiunto molto presto, se è vero quel che narra lo stesso biografo, raccogliendo la tradizione, che «essendo ancora in fasce, occorse che un giorno, mentre egli dormiva [ ... ] ci fu chi vicino a lui proruppe d'improvviso in grido così smoderato e strano che il fanciullo, svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi [ ... ] per siffatta guisa, che la pupilla dell'occhio destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare» Naturalmente, il suo strabismo non fu certamente provocato da questo presunto episodio: piuttosto, il suo difetto può avere influenzato la sua resa pittorica delle forme nello spazio.
Mostrò a sei anni una particolare inclinazione per il disegno e a otto anni, «senza avere avuto maestro alcuno, e soltanto sulla scorta d'una immagine in stampa, egli dipinse una «Madonna di Reggio» sulla facciata della casa dove abitava» che si poté vedere fino a quando, due secoli dopo, la casa fu demolita. Assecondando le tendenze del figlio, il padre lo mandò a studiare, verso il 1600, nel vicino paese di Bastiglia, da un modesto artista, chiamato Bartolomeo Bertozzi, che «dipingeva a guazzo», nella cui casa si stabilì per alcuni mesi, potendovi apprendere, commentano i biografi, solo la conoscenza e la mescolanza dei colori...


Romualdo (Ravenna, tra il 951 e il 953 – Fabriano, 19 giugno 1027) è stato un monaco cristiano e abate italiano, fondatore dell'eremo di Camaldoli e promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
La movimentata biografia di questo personaggio è stata raccontata da san Pier Damiani, che scrisse una Vita di San Romualdo circa 15 anni dopo la sua morte (1042).
Intorno all'anno mille, esplorando le zone più selvagge della dorsale appenninica centrale tra Umbria e Marche, il monaco ravennate dette vita ad un movimento che si propose di riformare l'istituto monastico. Oltre che fondatore dell'eremo di Camaldoli nel Casentino (Arezzo), Romualdo fu promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino. Romualdo cercò la solitudine per praticare la sua devozione verso Dio.
Esponente di una famiglia nobile, era figlio del duca Sergio degli Onesti di Ravenna e di Traversara Traversari. L'origine della sua vocazione sembra legata a un fatto di sangue di cui furono protagonisti il padre e un cugino. Sconvolto, decise di farsi monaco (aveva solo 20 anni), ed entrò nell'antico monastero di Sant'Apollinare in Classe. Ma non vi si trovò bene. Si recò pertanto presso un eremita, Marino, in territorio veneziano, sottoponendosi alla sua guida spirituale. Qui conobbe l'abate Guarino, uno dei più importanti monaci rifondatori del X secolo; questi convinse il giovane eremita, non ancora trentenne, a seguirlo nell'abbazia di San Michele di Cuxa (in catalano Sant Miquel de Cuixà), in Catalogna, dove Romualdo si trattenne dieci anni e compì la sua formazione.
Ritornato in Italia nel 988, si dedicò a vita eremitica nell'eremo di Pereo, sulla cosiddetta Isola delle Rose, presso Ravenna. Rinunciò poi alla dignità di abate e, portandosi nel territorio del monte Fumaiolo, fondò, ove sorge attualmente il paese di Verghereto, oggi in Provincia di Forlì-Cesena, un monastero in onore di San Michele Arcangelo. A causa dei suoi continui richiami disciplinari e morali ai monaci, venne cacciato con "belluino furore" a "vergate" insieme ai suoi discepoli. Intorno all'anno 1001 il giovane imperatore Ottone III convinse l'eremita a divenire abate di Sant'Apollinare in Classe; ma la sua vocazione era quella della solitudine e del rinnovamento della vita eremitica e quindi, dopo appena un anno, rinunciò all'incarico, e si recò a Montecassino...

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